Autore della scheda: Augusto Russo
Di formato ovale, questo bel ritratto, passato sul mercato antiquario spagnolo e proveniente da una collezione privata di Madrid, dove pare fosse già accompagnato da un’attribuzione a Francesco De Mura, è stato pubblicato per la prima volta in anni abbastanza recenti, con quella stessa attribuzione, che sembra in effetti inattaccabile, e soprattutto con una impegnativa e affascinante proposta d’identificazione del modello: Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero (Katia Fiorentino, in Ritorno al Barocco 2009, p. 308, n. 1.170). Sin allora lo si designava semplicemente come un cavaliere dell’Ordine di San Gennaro, per il manto mostrato dal modello. Il passaggio dell’opera sul mercato antiquario napoletano (Galleria Porcini) ha quindi dato occasione a un’efficace presentazione di quest’episodio di De Mura ritrattista, ben sostenuta anche dai confronti (Giuseppe Porzio, in Antichi maestri a Napoli 2019, pp. 80-87, n. 9). Considerando l’effigiato, infine, appare quanto mai sensata, anzi relativamente sensazionale, la recente acquisizione della tela al Museo Cappella Sansevero da parte dell’attuale proprietà.
Tale riconoscimento, di cui non si ha ragione di dubitare, è motivato da osservazioni essenzialmente concernenti la fisionomia di Raimondo come la si conosce da immagini certe di lui. Un paio in sostanza i ritratti di riferimento. Il primo, databile al 1747-1750, è a sua volta noto dal disegno e dall’incisione che Ferdinando Vacca trasse da un modello pittorico di Carlo Amalfi, perduto o non ancor rintracciato (cfr. Fabrizio Masucci, in I nostri omaggi 2010, pp. 69-70, n. 14, che segnala un’altra, simile incisione settecentesca, di Carlo Gregori, nella raccolta di stampe Achille Bertarelli): un ritratto improntato alla moda nobiliare e cavalleresca del tempo, con richiami alla carriera militare, e dove il soggetto appare con aspetto giovane (o giovanile). Il secondo, più famoso, è il ritratto, sempre di Amalfi, eseguito su rame per il monumento sepolcrale del Principe nel sacello di famiglia, dove tuttora si conserva, sia pur in malo modo. L’erezione del monumento risale probabilmente al 1759, o avvenne poco dopo (cfr. la scheda 24): l’effigie è quella di un uomo ormai maturo, di cui si sono rilevati l’impostazione naturalistica e il tentativo d’indagine psicologica (cfr. almeno Picone 1959, pp. 98-99; Aiello 1989, pp. 79-81).
Va poi considerato il ricordo del nobiluomo nelle parole di Antonio Genovesi, che lo conobbe bene e lo descrisse nella propria Autobiografia: «Questo signore è di corta statura, di gran capo, di bello e gioviale aspetto: filosofo di spirito […]: di amabilissimo e dolcissimo costume: studioso e ritirato: amante la conversazione d’uomini di lettere» (citato in Imbruglia 2017).
Bisogna ammettere che in questa sorta di ‘sfortuna’ iconografica – tale almeno se rapportata a un personaggio del calibro e della fama di Raimondo – il ritratto di De Mura rappresenti un apporto notevole, un netto salto di qualità, per il livello del dipinto, ovvero, più in generale, per il nome dell’autore: il Principe, che per la pittura decorativa ebbe perlopiù a disposizione Francesco Maria Russo (e Francesco Celebrano), e che per i ritratti, come ricordato, contava su Amalfi, riusciva così almeno in una circostanza a servirsi del maestro napoletano di vertice alla metà del Settecento, chiamato a lavorare dai maggiori ordini religiosi, dalle corti reali, anche fuori di patria, e da una quantità di privati. Resta singolare, tuttavia, che di questo ritratto paia non trovarsi esplicita traccia nella documentazione d’archivio a oggi disponibile su Raimondo, nemmeno nell’inventario dei beni redatto alla sua morte nel 1771 (cfr. la trascrizione in Attanasio 2011, pp. 115-162).
Per sensibilità ritrattistica e punto di stile, l’effigie in esame è stata accostata a uno dei ritratti di De Mura più riusciti e noti nel panorama internazionale, quello del conte James Joseph O’Mahoney, conservato nel Fitzwilliam Museum di Cambridge (Giuseppe Porzio, in Antichi maestri a Napoli 2019, pp. 82-83; sul dipinto cfr. Rosenberg 1982, p. 90; In the Lights of Naples 2016, pp. 150-151, n. 25). Il ritratto del Mahoney, databile al 1747-1748, ha come pendant quello di sua moglie, lady Anne Clifford, dipinto in quello stesso tempo a Napoli da Pierre Subleyras (che perlopiù operava a Roma) e oggi conservato nel Musée des Beaux-Arts di Caen (Debaisieux 2000, pp. 142-144, n. 84): la congiuntura fa pensare a una conoscenza diretta tra i due artisti, pressoché coetanei, ed è di supporto a una valutazione dell’interesse di De Mura per le tendenze di certa pittura francese e romana dei decenni centrali del secolo, interesse di per sé riscontrabile nelle sue soluzioni di crescente lucore e nettezza di forme (cfr. Spinosa 1993, p. 160).
Il contributo di De Mura nel genere va compreso tra l’eredità del suo maestro Francesco Solimena (il cui catalogo di ritratti è stato di recente sistemato: Nicola Spinosa, in Francesco Solimena 2018, pp. 540-570, nn. 266-297) e l’interpretazione autonoma e aggiornata cui egli pervenne nella maturità, anche per effetto degli stimoli su accennati. Naturalmente il soggiorno a Torino nel 1741-1743, in un ambiente dove molte esperienze s’incontravano, e che permise a De Mura un allargamento di cultura, dové avere conseguenze pure sulla ritrattistica. E in effetti è a questa fase più avanzata che si deve avvicinare il ritratto di Raimondo di Sangro, per il quale pare verosimile una datazione intorno al 1750.
Il Principe di Sansevero fu colonnello del Reggimento provinciale di Capitanata al servizio di Carlo di Borbone, e il suo nome è legato soprattutto alla battaglia di Velletri (1744), decisiva per le sorti del Regno. A mezza figura, il modello, che posa di tre quarti, in abbigliamento marziale, indossa l’armatura da parata e reca altri segni del suo status. Si celebra l’uomo d’armi, ma non un condottiero severo o segnato dai campi di battaglia. Il fasto è sciolto in una formula brillante e non paludata. Vediamo un’effigie aulica, ufficiale, ma tutt’altro che grave: casomai sveltita nella gestualità, che vibra nella mano sinistra, e nello sguardo, assai vivo, luccicante di pensieri, e con un che persino di accostevole, mentre sulla bocca è disegnato un cenno di sorriso. In un’ambientazione indefinita, le superfici metalliche e le stoffe, il pelame d’ermellino, si evidenziano con resa mimetica e insieme raffinata. Quasi per un residuo decorativo, ovvero per un ideale alito di vento, i contorni della massa dell’effigiato appaiono leggermente scomposti, mossi, nell’abito e negli accessori.
La vicenda del pezzo qui discusso dimostra il margine di accrescimento di cui è ancora suscettibile tale settore di produzione per De Mura: ne occorrerebbe, del resto, una catalogazione che dia conto delle singole occasioni, come dello svolgimento complessivo, in un’ottica italiana ed europea.
Bibliografia essenziale sull’opera
Katia Fiorentino, in Ritorno al Barocco. Da Caravaggio a Vanvitelli, catalogo della mostra a cura di Nicola Spinosa (Napoli, sedi varie, 12 dicembre 2009 – 11 aprile 2010), I, Napoli 2009, p. 308, n. 1.170.
I nostri omaggi, Principe!, catalogo della mostra a cura di Fabrizio Masucci (Napoli, Museo Cappella Sansevero, 23 aprile – 18 luglio 2010), Napoli 2010, pp. 69-70, n. 14.
Antichi maestri a Napoli. Dipinti del Sei e Settecento, progetto editoriale e selezione dei dipinti di Dario e Vincenzo Porcini, catalogo e testi a cura di Giuseppe Porzio, Napoli 2019, pp. 80-87, n. 9.
Bibliografia di confronto
Picone Marina, La Cappella Sansevero, Napoli 1959, pp. 98-99.
Rosenberg Pierre, Tre note napoletane, in Arti e civiltà del Settecento a Napoli, a cura di Cesare De Seta, Roma-Bari 1982, pp. 79-94, in particolare p. 90.
Aiello Immacolata, Carlo Amalfi, pittore del ’700, Sorrento 1989, pp. 79-81.
Spinosa Nicola, Pittura napoletana del Settecento. Dal Barocco al Rococò, Napoli 1993, p. 160.
Debaisieux Françoise, Caen. Musée des Beaux-Arts. Peintures françaises des XVIIe et XVIIIe siècles, Paris 2000, pp. 142-144, n. 84.
Attanasio Sergio, In casa del principe di Sansevero. Architettura, invenzioni, inventari, Napoli 2011, pp. 115-162.
In the Light of Naples. The Art of Francesco De Mura, catalogo della mostra a cura di Arthur R. Blumenthal (Winter Park [Florida], George D. and Harriet W. Cornell Fine Arts Museum, 17 settembre – 18 dicembre 2016; Madison, Chazen Museum of Art, 20 gennaio – 2 aprile 2017; Poughkeepsie [New York], Frances Lehman Loeb Art Center, 21 aprile – 2 luglio 2017), London 2016, pp. 150-151, n. 25.
Imbruglia Girolamo, Sangro, Raimondo di, in Dizionario Biografico degli Italiani, 90, Roma 2017, pp. 221-225, e in rete: www.treccani.it/biografico.
Francesco Solimena (1657-1747) e le Arti a Napoli, a cura di Nicola Spinosa, I, Roma 2018, pp. 540-570, nn. 266-297.