Angeli e putti con i simboli della Passione, Paolo Persico
Angeli e putti con i simboli della Passione, Paolo Persico
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Cat. 3. Angeli e putti con i simboli della Passione

Artista Paolo Persico
Titolo dell’opera Angeli e putti con i simboli della Passione
Tecnica rilievo
Materia marmo
Datazione 1766-1767
Dimensioni 262 (a) x 160 (l) x 100 (p) cm ; 245 (a) x 150 (l) x 83 (p) cm
Collocazione Cappella Sansevero, altare maggiore

Autore della scheda: Gianluca Forgione

Il 28 luglio 1766 Paolo Persico ricevé «in nome e parte» di Raimondo di Sangro 50 ducati in acconto dei 180 concordati per l’esecuzione dell’Angelo con putto alla sinistra dell’altar maggiore (ivi, pp. 137-138, doc. 447). Il gruppo, condotto «a tenore del modello di detto Persico», avrebbe dovuto essere consegnato entro i successivi sei mesi, e fu saldato con una polizza bancale riscossa dall’artista il 13 aprile 1767 (Nappi 2010, pp. 137-138, doc. 447).

Nel medesimo 28 luglio 1766 il Principe e Persico stipularono dinanzi al notaio Francesco de Maggio il contratto per la commissione dell’opera (cfr. Forgione 2022, pp. 28-30, 64-66, doc. 5). Lo scultore sorrentino vi si dichiara economicamente soddisfatto riguardo sia al modello in stucco dell’«Amore della Virtù», da collegare alla Soavità del giogo coniugale dedicata a Gaetana Mirelli dei principi di Teora, moglie di Vincenzo di Sangro (cfr. la scheda 8); sia all’Angelo con putto destinato in cornu Evangelii e a quella data già eseguito. È significativo che Persico riferisca di aver ricevuto come parte del proprio compenso per questi due ultimi lavori «una statua antica di marmo, circa palmi sette, rappresentante una Donna che appoggia la faccia in una delle sue mani in atto di mestizia, che stava prima in detta sua chiesa, della quale non ne poteva esso signor Principe far uso» (ivi, pp. 28, 65). Tale statua è ora da identificare, a parere di chi scrive, nella Virtù femminile che ornava il monumento di Paolo di Sangro, secondo principe di Sansevero, il cui progetto originario è restituito da un disegno conservato al Cooper-Hewitt National Design Museum di New York (cfr. D’Agostino 2013), il quale, al pari del monumento, è da attribuire su base documentaria a Michelangelo Naccherino (1550-1622), che vi lavorò dal 1609 al 1615 (per i pagamenti, che Sabrina Iorio ha collegato per la prima volta alla tomba di Paolo, cfr. Nappi 2010, pp. 110-112, docc. 318-324; si veda la scheda 19). Oltre a quanto pattuito, Raimondo regalò a Persico undici ducati «perché di suo genio sono riuscite le suddette opere» (Forgione 2022, p. 65).

L’inventario dei beni dell’eredità del Principe di Sansevero, stilato nel 1771, attribuisce ai due gruppi angelici i simboli della Passione di Cristo, «parte composti dello stesso marmo e parte dovranno essere di mettallo dorato» (Inventario 1771, c. 66v; cfr. Attanasio 2011, p. 130). Nonostante le perdite subìte dalle sculture, è ancora possibile identificare il Titulus Crucis squadernato dall’Angelo a cornu Epistulae (cfr. de Sangro 1991, p. 159, il quale, riconoscendo correttamente il titolo della Croce nel cartiglio retto dall’Angelo, vi legge però l’iscrizione «INRI», che non è possibile ritrovare); e, alle sue spalle, la colonna della Flagellazione ispirata alla reliquia della basilica romana di Santa Prassede (Forgione 2022, p. 29). Il riconoscimento della funzione iconografica delle creature angeliche realizzate da Persico permette di rimarcare ancor meglio la continuità tematica tra la precedente pala d’altare con la Pietà dipinta, nella quale gli arma Christi hanno un ruolo protagonistico, e il nuovo assetto decorativo progettato da Raimondo. Oltre che nei due gruppi dello scultore sorrentino, i simboli della Passione ritornano finanche nella Pietà scolpita da Celebrano, e in particolare nel putto che ostende il velo della Veronica e in quello che dietro di lui indica con la destra l’episodio sacro su cui meditare, e la cui sinistra doveva in origine reggere una Croce.

Sin dal 1818 Leopoldo Cicognara (pp. 96-97) intuì la discendenza berniniana delle «figure del maggior altare» della Cappella Sansevero. Il conte ferrarese fu altrettanto lucido nel cogliere lo scarto qualitativo fra il modello e la sua derivazione, poiché nelle raggelate sculture commissionate dal Principe non riusciva più a ritrovare il «magistero» di Bernini. A ogni modo, i due gruppi di Persico ai lati dell’altare non sembrano giustificabili senza la conoscenza dei dieci monumentali Angeli con i simboli della Passione che Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) e la sua équipe intagliarono per il Ponte Sant’Angelo a Roma alla fine del settimo decennio del Seicento. Com’è risaputo, nel marzo 1729 Prospero Bernini, nipote ex filio di Gian Lorenzo, donò alla parrocchia di Sant’Andrea delle Fratte gli unici due Angeli che Bernini aveva scolpito personalmente, e che papa Clemente IX Rospigliosi volle salvare dalle ingiurie del tempo, donandoli al cardinal nipote Giacomo e destinando invece al Ponte le copie che Gian Lorenzo stesso si sarebbe poi incaricato di eseguire (Wittkower 1990, pp. 287-291, n. 72; e Bernardini 2021, pp. 445-451, nn. 135a-135b). È assai probabile che alla fine del suo decennale soggiorno di formazione al Seminario Romano, iniziato nel 1720, Raimondo non perdesse l’occasione di ammirare le due meravigliose sculture in Sant’Andrea delle Fratte. Forse non è senza significato ch’egli richiedesse per uno dei due grandi Angeli dell’altar maggiore giustappunto l’iconografia del messaggero con il titolo della Croce. Viene da pensare che anche l’Angelo dalla parte del Vangelo, mutilo dell’attributo originario, potesse richiamare il prototipo berniniano, esibendo nella mano destra la corona di spine. Irving Lavin (2012, pp. 272-273) ha dimostrato, infatti, che Bernini non scelse a caso quali Angeli scolpire: la corona di spine e il titolo della Croce riguardano direttamente la Maiestas del Cristo, e dunque la ragione stessa della sua condanna per la salvezza dell’umanità.

Nelle chiese romane, e specialmente in quelle rette dai gesuiti presso i quali si formò, il giovane Raimondo conobbe certamente gli spettacolari e naturalistici Calvari effimeri che venivano allestiti in occasione delle Quarantore, e che sono in parte rievocati nella pala dell’altar maggiore della Cappella Sansevero (Forgione 2022, pp. 11-18). Anche la disposizione degli Angeli con gli arma Christi ai lati del Deposto ricalca uno schema tipico degli allestimenti effimeri, come dimostra il Santo Sepolcro che Andrea Pozzo (1642-1709) progettò per Sant’Ignazio a Roma in occasione della Settimana Santa, e che pubblicò nel primo volume del suo celebre trattato (Pozzo 1693, figura 66).

Bibliografia essenziale sull’opera

Inventario de’ beni rimasti nell’eredità del fu eccellentissimo don Raimondo di Sangro principe di Sansevero, Napoli, notaio Francesco de Maggio, 1771, copia del documento disponibile presso l’Archivio Storico del Pio Monte della Misericordia di Napoli, fondo d’Aquino di Caramanico, segnatura provvisoria A.162, c. 66v.

Picone Marina, La Cappella Sansevero, Napoli 1959, p. 91.

Fittipaldi Teodoro, Scultura napoletana del Settecento, Napoli 1980, pp. 220-221.

de Sangro Oderisio, Raimondo de Sangro e la Cappella Sansevero, Roma 1991, p. 159.

Cioffi Rosanna, La Cappella Sansevero. Arte barocca e ideologia massonica, prima edizione: Salerno 1987; edizione citata: Salerno 1994, pp. 47-48.

Chartulae desangriane. Il Principe committente, catalogo della mostra a cura di Bruno Crimaldi (Napoli, Museo Cappella Sansevero, 28 marzo 2006), Napoli 2006, pp. 26, 29.

Nappi Eduardo, Dai numeri la verità. Nuovi documenti sulla famiglia, i palazzi e la Cappella dei Sansevero, Napoli 2010, pp. 137-138, docc. 444-447.

Attanasio Sergio, In casa del Principe di Sansevero. Architettura, invenzioni, inventari, Napoli 2011, p. 130.

Napoli, la Cappella Sansevero e il Cristo velato. Naples, Sansevero Chapel and the Veiled Christ, testi di Marco Bussagli, fotografie di Carlo Vannini, Bologna 2019, pp. 103, 124-131.

Raimondo di Sangro. Cronaca di vita e opere, a cura di Fabrizio Masucci e Leen Spruit, Napoli 2020, pp. 263-264.

Forgione Gianluca, I simulacri delle cose. La Cappella Sansevero e il barocco romano, Torino 2022, pp. 28-30, 64-66, n. 5.

Bibliografia di confronto

Pozzo Andrea, Perspectiva pictorum et architectorum…, Romae, Typis Joannis Jacobi Komarek, Pars Prima, 1693, figura 66.

Cicognara Leopoldo, Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia sino al secolo XIX…, III, Venezia 1818, pp. 96-97.

Wittkower Rudolf, Bernini. Lo scultore del Barocco romano, Milano 1990, pp. 287-291, n. 72.

Nappi Eduardo, Dai numeri la verità. Nuovi documenti sulla famiglia, i palazzi e la Cappella dei Sansevero, Napoli 2010, pp. 137-138, docc. 444-447.

Lavin Irving, Visible Spirit. The Art of Gian Lorenzo Bernini, I-III, London 2007-2012, III, Bernini at Saint Peter’s. The Pilgrimage, 2012, pp. 272-273.

D’Agostino Paola, The Second Prince of Sansevero’s Tomb: Addenda to a Seventeenth-Century Neapolitan Drawing in the Cooper-Hewitt, National Design Museum, New York, in «West 86th: A Journal of Decorative Arts, Design History, and Material Culture», XX, 2013, 2, pp. 226-232.

Bernardini Maria Grazia, Bernini. Catalogo delle sculture, I-II, Torino 2021, II, pp. 445-451, nn. 135a-135b.

Forgione Gianluca, I simulacri delle cose. La Cappella Sansevero e il barocco romano, Torino 2022, pp. 11-18.

Angeli e putti con i simboli della Passione, Paolo Persico
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