Sincerità – Monumento funerario di Carlotta Gaetani dell’Aquila d’Aragona, moglie di Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero, Francesco Maria Queirolo; Paolo Persico: putto con colombe

Cat. 25. Sincerità – Monumento funerario di Carlotta Gaetani

Artista Francesco Maria Queirolo (Genova, 1704 – Napoli, 1762); Paolo Persico: putto con colombe
Titolo dell’opera Sincerità – Monumento funerario di Carlotta Gaetani dell’Aquila d’Aragona, moglie di Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero
Tecnica rilievo
Materia marmo
Datazione 1754-1760 circa
Dimensioni 500 (a) x 150 (l) x 65 (p) cm
Collocazione Cappella Sansevero, navata

Autore della scheda: Luigi Coiro

Carlotta Gaetani (1718-1779), consorte di Raimondo di Sangro, sopravvisse al marito, morto nel 1771, e dunque il medaglione che alle spalle della figura allegorica doveva ritrarla nel monumento da lui dedicatole è rimasto appena sbozzato e aniconico.

L’iconografia della Sincerità prende senz’altro spunto dall’Iconologia di Cesare Ripa (1603, pp. 455-456), la quale prescrive che la virtù sia rappresentata come «donna vestita d’oro, che con la destra mano tenghi una colomba bianca, et con la sinistra porghi in atto gratioso et bello un cuore». Nella riedizione settecentesca in cinque volumi dell’opera di Ripa (1764-1767), finanziata da Raimondo di Sangro e a lui dedicata, Cesare Orlandi immaginava, invece, in parziale contrasto con l’illustrazione nel testo, che la «bellissima giovanetta con capelli biondi come oro, sparsi giù per le spalle, […] vestita di un sottilissimo e candido velo», scoprisse il seno con la mano destra, tenendo con la sinistra «un caduceo, in cima del quale sia una colomba bianca» (Ripa 1767, p. 181).

Secondo un’interessante riflessione di Raffaele Colapietra (1986a, p. 72), Carlotta Gaetani, ovvero «la Sincerità, non viene ad esser altro che una sorta di reincarnazione di Cecilia Gaetani, la Pudicizia, il ritorno alla madre attraverso la moglie, e nel luogo in cui gli errores paterni avevano trovato il loro sanguinoso suggello, donde un significato espiatorio e lustrale dell’intero episodio». Secondo lo studioso, inoltre, il cuore e soprattutto le due colombe (una in volo, l’altra tra le mani del putto, anch’esso alato), invece dell’unica indicata da Orlandi, «simboleggiano una felicità matrimoniale in atto, nei cui confronti la morte viene additata soltanto quale prospettiva, mediante il caduceo di Mercurio, che definisce la donna come psicopompa, guida, appunto, e veicolo alla morte» (Colapietra 1986b, pp. 144, 152, nota 70).

Giangiuseppe Origlia Paolino (1754, p. 366) riferisce che Queirolo in quel tempo ancora «travaglia[va]» alla statua della Sincerità. Quasi certamente lo scultore completò questa figura entro il 1758, quando il committente lo licenziò, pur non in tronco (continuò infatti a lavorare fino al 1760). E tuttavia, come intuito da Marina Picone (1959, pp. 96-97; cfr. Cioffi 1994, p. 40), il putto con le due colombe, «di bellissima fattura, carnoso e guizzante», così somigliante al putto con la colomba che compare nel gruppo della Soavità del giogo coniugale realizzato da Paolo Persico nel 1768 (cfr. la scheda 8), va senz’altro attribuito a quest’ultimo. Il corpulento cherubino, che secondo la studiosa doveva «completare l’insieme così come era nel bozzetto» di Antonio Corradini (Picone 1959, p. 97), fu aggiunto sicuramente entro il 1771, quando è citato nell’inventario dei beni di chiesa e palazzo dei Di Sangro stilato alla morte del Principe (Inventario 1771, cc. 79r-80v; cfr. Attanasio 2011, p. 135). Improbabile che questo possibile extra fosse anche solo in parte motivo della regalia di undici ducati con la quale il committente espresse all’artista, nel contratto stipulato nel 1766 per la realizzazione dei due Angeli con putti destinati ai lati dell’altare maggiore, l’apprezzamento per quanto fino ad allora realizzato (per la trascrizione del documento cfr. Forgione 2022, pp. 64-66, doc. 5).

Va inoltre considerato che già nel 1759 Persico è attestato al lavoro per la Cappella e definito «scultore del suo signor Principe di San Severo» (Nappi 2010, p. 136, doc. 442): sicché, indipendentemente dal fatto che la lapide dedicatoria riporti la data 1758, non si può escludere che questo putto alato con le due colombe rappresentasse una delle prove più antiche dello scultore in Cappella, poco dopo il 1760.

Eppure, neanche a Persico – o a Francesco Celebrano, o ad altri in seguito – fu affidato il compito di completare il ritratto di Carlotta Gaetani, che appunto era ancora vivente alla dipartita di Raimondo. Della genesi dell’opera resterebbe traccia, nondimeno, in quanto asserito dal Principe al punto quinto delle cosiddette Positiones espresse nella contesa giudiziaria insorta tra lui e Queirolo. Alla dichiarazione del Di Sangro di aver consegnato allo scultore «il cavo in gesso della maschera della Principessa sua moglie fatta dal signor Canardi» – probabilmente lo scultore e restauratore Giuseppe (Joseph) Canart (1713-1791) –, il 14 luglio 1761 Queirolo rispondeva confermando di essere in possesso di alcuni dei bozzetti ‘contestati’, tra i quali finanche questo modello in gesso (Chartulae desangriane 2006, pp. 67, 81-83).

Secondo Rosanna Cioffi (1994, p. 40), rispetto alla Liberalità (cfr. la scheda 12) nella Sincerità sono più chiaramente leggibili «l’originario impianto corradiniano» e la prossimità allo stile di Giuseppe Rusconi (1688-1758), in particolare alla Fortezza della Cappella Corsini nella basilica di San Giovanni in Laterano a Roma, da cui però l’opera commissionata da Sansevero si distacca «nel trattamento del panneggio con pieghe a spigolo e più aderenti al corpo». Per Marina Picone (1959, p. 97) in Queirolo, alle prese con quest’opera, dovette ravvivarsi «il ricordo delle raffigurazioni allegoriche di classicheggiante purezza» viste durante il soggiorno romano, quali la figura della Speranza scolpita da Agostino Cornacchini (1686-1754) nel Palazzo del Monte di Pietà a Roma, in cui si ritrovano «lo stesso percorso aggirante delle pieghe ed uno stesso atteggiamento di leziosità».

Dell’accidentata gestazione dell’insieme (da un probabile bozzetto di Corradini a Queirolo, con ‘coda’ di Persico) è segno anche il marmo diverso impiegato per le due figure. Forse la composizione più equilibrata tra le opere in navata, essa incontrò il gusto, tra gli altri, dello scultore lombardo Donato Andrea Fantoni (1746-1817), che nel corso del suo soggiorno napoletano nel 1769 ebbe modo di visitare e apprezzare la Cappella e trarre rapidi schizzi della Pudicizia (cfr. la scheda 6), del Disinganno (cfr. la scheda 26) e, appunto, della Sincerità (Fantoni 1977, tav. 64).

Bibliografia essenziale sull’opera

Origlia Paolino Giangiuseppe, Istoria dello Studio di Napoli…, II, Napoli, Giovanni di Simone, 1754, p. 366.

Inventario de’ beni rimasti nell’eredità del fu eccellentissimo don Raimondo di Sangro principe di Sansevero, Napoli, notaio Francesco de Maggio, 1771, copia del documento disponibile presso l’Archivio Storico del Pio Monte della Misericordia di Napoli, fondo d’Aquino di Caramanico, segnatura provvisoria A.162, cc. 79r-80v.

Picone Marina, La Cappella Sansevero, Napoli 1959, pp. 96-97.

Fantoni Donato Andrea, Diario di viaggio e lettere. 1766-1770, a cura di Anna Maria Pedrocchi, Bergamo 1977, tav. 64.

Colapietra Raffaele, Raimondo di Sangro e il Templum sepulcrale della Cappella Sansevero (I), in «Napoli nobilissima», s. III, XXV, 1986a, pp. 62-79, in particolare p. 72.

Colapietra Raffaele, Raimondo di Sangro e il Templum sepulcrale della Cappella Sansevero (II), in «Napoli nobilissima», s. III, XXV, 1986b, pp. 142-154, in particolare pp. 144, 152, nota 70.

de Sangro Oderisio, Raimondo de Sangro e la Cappella Sansevero, Roma 1991, pp. 176-178, n. 11.

Cioffi Rosanna, La Cappella Sansevero. Arte barocca e ideologia massonica, prima edizione: Salerno 1987; edizione citata: Salerno 1994, pp. 39-40, fig. 13.

Nappi Eduardo, Dai numeri la verità. Nuovi documenti sulla famiglia, i palazzi e la Cappella dei Sansevero, Napoli 2010, pp. 102, 136, doc. 442.

Attanasio Sergio, In casa del Principe di Sansevero. Architettura, invenzioni, inventari, Napoli 2011, p. 135.

Bibliografia di confronto

Ripa Cesare, Iconologia overo descrittione di diverse imagini cavate dall’antichità et di propria inventione…, Roma, appresso Lepido Facii, 1613, pp. 455-456.

Iconologia del cavaliere Cesare Ripa perugino, notabilmente accresciuta d’immagini, di annotazioni e di fatti dall’abate Cesare Orlandi, patrizio di Città della Pieve accademico augusto. A Sua Eccellenza don Raimondo di Sangro…, I-V, Perugia, Piergiovanni Costantini, 1764-1767, V, 1767, p. 181.

Chartulae desangriane. Il Principe committente, catalogo della mostra a cura di Bruno Crimaldi (Napoli, Museo Cappella Sansevero, 28 marzo 2006), Napoli 2006, pp. 67, 81-83.

Forgione Gianluca, I simulacri delle cose. La Cappella Sansevero e il barocco romano, Torino 2022, pp. 64-66, doc. 5.

Sincerità – Monumento funerario di Carlotta Gaetani dell’Aquila d’Aragona, moglie di Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero, Francesco Maria Queirolo; Paolo Persico: putto con colombe