Pavimento labirintico, Francesco Celebrano

Cat. 23. Pavimento labirintico

Artista Francesco Celebrano (Napoli, 1729 – ivi, 1814)
Titolo dell’opera Pavimento labirintico
Tecnica tarsia
Materia marmo
Datazione 1770 circa
Dimensioni Lastra: 90 (a) x 90 (l) cm
Collocazione Cappella Sansevero

Autore della scheda: Gianluca Forgione

Il pavimento labirintico fu tra le imprese del tempio sepolcrale cui Francesco Celebrano e Raimondo di Sangro si dedicarono fino alla morte di quest’ultimo, sopraggiunta il 22 marzo 1771. Sansevero non fece in tempo a vedere conclusa la realizzazione della sua invenzione. Per questo motivo nelle sue ultime volontà, stese il 7 agosto 1770 (c. 47r; cfr. Chartulae desangriane 2006, p. 108), egli raccomanda al suo «erede universale e primogenito» di «continuare il lavoro fino all’intero suo compimento, e questo coll’assistenza precisamente e colla direzione di don Francesco Celebrano, il quale è colui che sino da principio ne ha diretta la difficile ed intralciata esecuzione». Non menzionata nella Breve nota di quel che si vede in casa del principe di Sansevero don Raimondo di Sangro nella città di Napoli (1769), la «buona porzione di pavimento, composto di marmo bianco statuario, di bardiglio, di negro e di marmo venato» viene invece ricordata nell’inventario dei beni rimasti nell’eredità del Principe, che fu stilato nel giugno del 1771 (cc. 130r-v; cfr. Attanasio 2011, p. 153). Il documento si sofferma in particolare sulla singolare iconografia del «pavimento», il quale, «fatto al chiaro scuro, pare tutto rilevato a modo di scatole e fossette, e con un regoletto bianco attorno a dette fossette, come anche a dette scatole, quale regoletto gira attorno a detto lavoro, ed è composto in maniera che non spezza mai, e sempre gira atorno, e attacca sempre con l’altro che siegue» (ibidem).

Soltanto di recente è stata identificata con chiarezza la fonte del disegno a svastiche e a quadrati concentrici replicato nel pavimento (Fabrizio Masucci, in I nostri omaggi 2010, pp. 37-40). Il 10 marzo 1754 era stato ritrovato nell’atrio della Villa dei Papiri di Ercolano un intonaco dipinto con un fregio a meandro quasi identico al motivo che Raimondo e Celebrano idearono. Il frammento, ora al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, è riprodotto in un’incisione di Carlo Orazi nel terzo tomo delle Antichità di Ercolano esposte (1762, p. 37), pubblicate a Napoli in otto volumi tra il 1757 e il 1792 e significativamente ricordate nell’inventario della biblioteca di Sansevero (Fabrizio Masucci, Leen Spruit, in Raimondo di Sangro 2020, p. 320). Del resto, il Principe fu coinvolto in prima persona nella riscoperta della città vesuviana, dal momento che in uno dei suoi esperimenti, dall’esito infelice, egli provò a srotolare trattandoli con il mercurio i papiri ritrovati (Fabrizio Masucci, in I nostri omaggi 2010, p. 38).

Contrariamente a quanto spesso ripetuto, la sostituzione delle lastre originali con l’attuale pavimentazione in cotto dovette precedere il grave crollo che nel 1889 interessò la chiesa dei Di Sangro. In una seppia su carta di Achille Vianelli (1803-1894) e in una foto Sommer della Cappella, verosimilmente databili prima del 1889, il pavimento labirintico risulta infatti già sostituito (Forgione 2022, pp. 42, 176-177, figg. 94-95). Alcuni dei frammenti superstiti, talvolta restaurati in modo malaccorto (de Sangro 1991, p. 150; Cioffi 1994, p. 157, nota 107), sono stati rimontati nel passetto antistante la tomba di Raimondo; mentre altri sono esposti a parete lungo il percorso museale. La quantità dei frammenti, il già citato riscontro inventariale del 1771 e le testimonianze figurative ottocentesche lasciano credere che il pavimento labirintico doveva ricoprire buona parte della navata (Fabrizio Masucci, in I nostri omaggi 2010, pp. 37-40).

Sin dalla tradizione classica i labirinti, cui rimanda il motivo a meandro, rappresentano metaforicamente le difficoltà e i rischi dell’esperienza mondana. Il percorso che vi si intraprende ha solitamente un esito palingenetico, e lo stretto legame con la morte e con la rinascita ne ha spesso fatto evidenziare il valore iniziatico ed esoterico. Già nell’Alto Medioevo prese avvio la cristianizzazione di tale simbolo classico, e il labirinto, pur continuando a incarnare le insidie della vita terrena, ha finito per significare il cammino penitenziale dell’anima nel raggiungimento della salvezza. Molto plausibilmente il Principe ebbe modo di conoscere la complessa tradizione di significato dei labirinti tramite la cultura gesuitica ch’egli ebbe modo di assimilare durante il suo lungo soggiorno di formazione presso il Seminario Romano, avvenuto tra il 1720 e il 1730 (Forgione 2022, pp. 49-51).

In una delle sue ultime imprese editoriali, intitolata Turris Babel, sive Archontologia e stampata ad Amsterdam nel 1679, Athanasius Kircher (1602-1680) ricostruisce sulla base delle fonti e per mezzo di splendide calcografie alcuni dei più importanti labirinti del mondo antico (pp. 73-87). Il grande erudito germanico fa riferimento al fatto che tale simbolo rappresenta i pericoli della sensualità, e specialmente i vizi maggiormente radicati nell’animo umano, quali la lussuria e l’avidità di ricchezza. Anche per Kircher è unicamente nella rettitudine morale che il fedele ritrova il filo di Arianna che lo conduce al di fuori del labirinto. Tale condizione era stata tradotta figurativamente nel trattato sui Pia desideria del gesuita belga Herman Hugo (1588-1629), che fu stampato ad Anversa nel 1624, e che vantò una straordinaria fortuna editoriale. Il testo, corredato da quarantotto tavole incise da Boëtius Bolswert (1580 circa-1633), è diviso in tre parti, dedicate rispettivamente ai Gemitus animae poenitentis, ai Vota animae sanctae e ai Suspiria animae amantis. Esse illustrano il pellegrinaggio terreno e le tre vie per aspirare alla salvezza: la purificazione, l’illuminazione e l’unione. Una delle tavole più note del trattato raffigura un pellegrino che sta per raggiungere la Gerusalemme celeste guidato dal filo che un angelo gli ha offerto nel bel mezzo del labirinto della vita (Hugo 1624, p. 134, tav. 17). Secondo il programma iconografico stabilito da Sansevero, il percorso del fedele nel tempio disangriano potrebbe dunque alludere all’illusoria e labirintica esperienza mondana. Solo dopo aver compiuto il cammino terreno scortato dalle virtù cristiane incarnate dai sepolcri allegorici tutt’intorno, e nel segno della fede nel sacrificio di Cristo raffigurato nella Pietà di Celebrano sull’altar maggiore, l’anima penitente sarà ammessa alla visione beatifica, cui già assistono nel dipinto della volta i santi della famiglia Di Sangro (Forgione 2022, pp. 51-54).

Bibliografia essenziale sull’opera

Testamento di Raimondo di Sangro, Napoli, notaio Francesco de Maggio, 1770, copia del documento disponibile presso l’Archivio Storico del Pio Monte della Misericordia di Napoli, fondo d’Aquino di Caramanico, segnatura provvisoria A.160, c. 47r.

Inventario de’ beni rimasti nell’eredità del fu eccellentissimo don Raimondo di Sangro principe di Sansevero, Napoli, notaio Francesco de Maggio, 1771, copia del documento disponibile presso l’Archivio Storico del Pio Monte della Misericordia di Napoli, fondo d’Aquino di Caramanico, segnatura provvisoria A.162, cc. 130r-v.

de Sangro Oderisio, Raimondo de Sangro e la Cappella Sansevero, Roma 1991, pp. 150-151.

Cioffi Rosanna, La Cappella Sansevero. Arte barocca e ideologia massonica, prima edizione: Salerno 1987; edizione citata: Salerno 1994, pp. 115-116, 157, nota 107.

Chartulae desangriane. Il Principe committente, catalogo della mostra a cura di Bruno Crimaldi (Napoli, Museo Cappella Sansevero, 28 marzo 2006), Napoli 2006, p. 108.

I nostri omaggi, Principe!, catalogo della mostra a cura di Fabrizio Masucci (Napoli, Museo Cappella Sansevero, 23 aprile – 18 luglio 2010), Napoli 2010, pp. 37-40.

Attanasio Sergio, In casa del Principe di Sansevero. Architettura, invenzioni, inventari, Napoli 2011, pp. 153, 165.

Napoli, la Cappella Sansevero e il Cristo velato. Naples, Sansevero Chapel and the Veiled Christ, testi di Marco Bussagli, fotografie di Carlo Vannini, Bologna 2019, pp. 140-149.

Forgione Gianluca, I simulacri delle cose. La Cappella Sansevero e il barocco romano, Torino 2022, pp. 49-51.

Bibliografia di confronto

Hugo Herman, Pia desideria emblematis elegiis et affectibus Ss. Patrum illustrata…, Antuerpiae, Typis Henrici Aertssenii, 1624, p. 134, tav. 17.

Kircher Athanasius, Turris Babel sive Archontologia…, Amstelodami, Ex Officina Janssonio-Waesbergiana, 1679, pp. 73-87.

Le Antichità di Ercolano esposte, Napoli, nella Regia Stamperia, III, 1762, p. 37.

Raimondo di Sangro. Cronaca di vita e opere, a cura di Fabrizio Masucci e Leen Spruit, Napoli 2020, p. 320.

Forgione Gianluca, I simulacri delle cose. La Cappella Sansevero e il barocco romano, Torino 2022, pp. 42, 51-54, 176-177, figg. 94-95.

Pavimento labirintico, Francesco Celebrano