Autore della scheda: Mariano Saggiomo
Un «modello in cera colle altre cose fatte in creta e poi cotte del deposito del Dominio di sé stesso» risulta tra i bozzetti che Francesco Queirolo (1704-1762) fu tenuto a restituire a Raimondo di Sangro a seguito della controversia insorta tra i due a partire dal 1759 (cfr. Chartulae desangriane 2006, pp. 65-97, in particolare p. 81). Se si accetta l’ipotesi che questi bozzetti fossero originali di Queirolo, allora l’ideazione del Dominio oggi in Cappella dovrebbe spettare a lui, e in effetti in questa direzione sembra puntare anche la data dell’epigrafe: «1759». La cosa potrebbe essere però più complicata qualora si accettasse la tesi di Rosanna Cioffi (1994, pp. 22-23) su una possibile somiglianza tra il soldato del gruppo ora schedato e l’allegoria del Valore nel monumento Valier in San Giovanni e Paolo a Venezia (1705-1708), probabilmente presente ad Antonio Corradini (1688-1752) data la sua provenienza dalla città lagunare. Corradini, quindi, potrebbe aver eseguito il modello poi verosimilmente rielaborato dal Queirolo (cfr. anche Cogo 1996, p. 326). Della mano di Queirolo nel bozzetto è particolarmente convinta Marina Picone (1959, pp. 101-103), tra l’altro «per la psicologia dei personaggi […] e per l’accentuazione dei tratti fisionomici» (p. 102), nonché per l’origine romana della tipologia del monumento. Tutto quello che però c’è di buono nell’impostazione del genovese viene a suo avviso svilito dall’esecutore del progetto, ossia Francesco Celebrano.
È infatti sicuro che il lavoro fu eseguito da quest’ultimo, la cui firma si legge sul retro del gruppo insieme all’anno 1767. Difatti lo stesso Celebrano dové rimaneggiare il progetto di riferimento (fosse esso del solo Queirolo o già di Corradini), quantomeno per provare ad accordarlo al gruppo ‘gemello’ dello Zelo, appena concepito da Fortunato Onelli, ma sempre sotto la supervisione del Celebrano medesimo. Come che sia, i due gruppi che si affrontano ai lati della navata non risultano ben rapportati tra di loro, e forse ciò contribuì al giudizio negativo di Raimondo sul Dominio: nel suo testamento, infatti, il Principe previde che l’opera potesse essere rimpiazzata da una più congeniale alle altre in chiesa e al suo proprio gusto, a patto che – fattore decisivo – se ne fosse mantenuto inalterato il significato, ovverosia la virtù ad essa associata (Testamento 1770, cc. 46r-v; cfr. Chartulae desangriane 2006, p. 107).
Per esprimere il concetto del Dominio di sé stessi, capacità individuata come la principale di Geronima Loffredo, amata nonna di Raimondo cui è dedicato il deposito, il Principe prende in prestito dall’Iconologia di Cesare Ripa (1765, p. 267) – testo di fine Cinquecento che aveva proprio in Raimondo il dedicatario dell’importante riedizione settecentesca – la simbologia del leone quale rappresentazione dell’animo umano e della sua forza, frenata, o meglio domata, solo per mezzo della ragione. A rappresentare l’intelletto è il giovane soldato che regge le briglie dell’animale, ormai più gattone mansueto in cerca di uno sguardo d’intesa col suo padrone che bestia feroce. L’inventario redatto alla morte di Raimondo nel 1771 (c. 8r; cfr. Attanasio 2011, p. 139) registra che, diversamente da come si vede oggi, il soldato teneva la catena con la mano sinistra, mentre nell’altra recava «uno sperone al quale [sic] modera detto animale»; la situazione risulta oramai mutata verso la fine degli anni trenta dell’Ottocento, data alla quale si può riferire una litografia di Franz Wenzel (tav. XVI) che raffigura il gruppo scultoreo. Ancora all’idea di intelligenza rimanda con evidenza il gesto dell’amorino sulla destra, mentre il suo compagno entra in scena dall’alto e regge l’ovale dov’è il ritratto di profilo della dedicataria del monumento. Poiché, come detto, l’opera è firmata, tutta la periegetica storica converge sul nome di Celebrano, il quale, per dirla con le parole di Stanislao D’Aloe (1838, p. 24), «con tali figure non poteva meglio esprimere in questa sua bellissima opera il Dominio sulle passioni, fra le quali l’ira e l’amore sono le più forti».
Bibliografia essenziale sull’opera
Testamento di Raimondo di Sangro, Napoli, notaio Francesco de Maggio, 1770, copia del documento disponibile presso l’Archivio Storico del Pio Monte della Misericordia di Napoli, fondo d’Aquino di Caramanico, segnatura provvisoria A.160, c. 46r-v.
Inventario de’ beni rimasti nell’eredità del fu eccellentissimo don Raimondo di Sangro principe di Sansevero, Napoli, notaio Francesco de Maggio, 1771, copia del documento disponibile presso l’Archivio Storico del Pio Monte della Misericordia di Napoli, fondo d’Aquino di Caramanico, segnatura provvisoria A.162, cc. 105r-106v.
D’Aloe Stanislao, Tesoro lapidario napoletano, II, Napoli 1838, p. 24.
Wenzel Franz, tav. XVI raffigurante il «Monumento di Gironima Loffredo» e appartenente a un gruppo di 32 litografie con le sculture della Cappella Sansevero di Napoli disegnate da autori vari e incise da Wenzel nel 1839 circa: la copia rintracciata (mancate di sei litografie) si trova presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, collocazione PALATINA Banc. 03.
Picone Marina, La Cappella Sansevero, Napoli 1959, pp. 101-103.
de Sangro Oderisio, Raimondo de Sangro e la Cappella Sansevero, Roma 1991, pp. 189-191, n. 16.
Cioffi Rosanna, La Cappella Sansevero. Arte barocca e ideologia massonica, prima edizione: Salerno 1987; edizione citata: Salerno 1994, pp. 22-23, 42.
Cogo Bruno, Antonio Corradini scultore veneziano. 1688-1752, Este 1996, p. 326, sezione del n. 51.
Chartulae desangriane. Il Principe committente, catalogo della mostra a cura di Bruno Crimaldi (Napoli, Museo Cappella Sansevero, 28 marzo 2006), Napoli 2006, p. 81.
Napoli, la Cappella Sansevero e il Cristo velato. Naples, Sansevero Chapel and the Veiled Christ, testi di Marco Bussagli, fotografie di Carlo Vannini, Bologna 2019, pp. 56-58, 78-81.
Bibliografia di confronto
Iconologia del cavaliere Cesare Ripa perugino, notabilmente accresciuta d’immagini, di annotazioni e di fatti dall’abate Cesare Orlandi, patrizio di Città della Pieve accademico augusto. A Sua Eccellenza don Raimondo di Sangro…, I-V, Perugia, Piergiovanni Costantini, 1764-1767, II, 1765, pp. 267-268.
Chartulae desangriane. Il Principe committente, catalogo della mostra a cura di Bruno Crimaldi (Napoli, Museo Cappella Sansevero, 28 marzo 2006), Napoli 2006, pp. 65-97, 107.