Gloria angelica, Paolo Persico

Cat. 2. Gloria angelica e Pietà

Artista Paolo Persico: rilievo; Ignoto pittore meridionale della seconda metà del XVI secolo: dipinto murale
Titolo dell’opera Gloria angelica; Pietà
Tecnica rilievo; dipinto murale (affresco?)
Materia stucco
Datazione 1769; fine XVI secolo
Dimensioni Raggiera: 369,86 (a) x 393,52 (l) cm; Dipinto: 176,8 (a) x 140 (l) cm
Collocazione Cappella Sansevero, altare maggiore

Autore della scheda: Gianluca Forgione

Il primo luglio 1769 Giovanni Lofaro, uno dei procuratori di cui Raimondo di Sangro maggiormente si servì, versò allo scultore Paolo Persico tramite il banco napoletano del Salvatore un anticipo dei centoventi ducati pattuiti «per tutta la gloria di stucco fatto sul’altare maggiore della chiesa gentilizia del Principe di San Severo» (Nappi 2010, pp. 140-141, doc. 451). A quella data Persico si era già guadagnato la fiducia del committente scolpendo i due gruppi angelici ai lati dell’altar maggiore (1766-1767) e la Soavità del giogo coniugale (1768), la tomba allegorica destinata a Gaetana Mirelli, moglie di Vincenzo di Sangro (cfr. le schede 3 e 8). L’inventario dei beni rimasti nell’eredità di Raimondo, che fu stilato nel giugno del 1771, riferisce che la «corona di diciannove angeli, compresivi i cherubini tutti di stucco», sostiene l’«ovato» con «l’effiggia della Vergine Addolorata, ch’era una volta l’antico quadro dell’altare maggiore» (Inventario 1771, c. 68v; cfr. Attanasio 2011, pp. 76, 131).

Secondo l’Engenio Caracciolo (1623, pp. 262-263) il dipinto murale tardo-cinquecentesco raffigurante la Pietà, che un tempo sarebbe stato dunque esposto come pala dell’altare maggiore della primitiva cappella dei Di Sangro e che fu poi sostituito dal rilievo scolpito da Francesco Celebrano tra il 1766 e il 1767, è in realtà connesso alle vicende della fondazione del tempio in virtù della sua natura miracolosa. Stando al racconto dell’autore della Napoli sacra, alla fine del Cinquecento l’«imagine della Madonna della Pietà», concepita sull’esempio dell’antica iconografia nordica del Vesperbild, era dipinta su un muro del giardino di Giovan Francesco di Sangro, duca di Torremaggiore, quando cominciò a «risplender di grandissimi miracoli e gratie». Il Duca stesso ve ne trasse beneficio salvandosi da una «gravissima infirmità» (ivi, p. 263); e per questa ragione decise di consacrare alla Pietà una piccola cappella votiva, che nel 1608 venne poi ampliata dal patriarca di Alessandria Alessandro di Sangro, visto che la precedente fabbrica «non era capace al concorso di molti che la frequentavano per gli infiniti miracoli e gratie che di continuo fa il Signor Iddio ad intercessione della Vergine Santissima» (ibidem).

Nel suo progetto di rinnovamento della Cappella, Raimondo intese spettacolarizzare la natura divina del dipinto: un dono del Cielo che discende sulla Terra scortato da una gloria angelica. L’invenzione non appare pienamente giustificabile nel contesto della tradizione napoletana, poiché anche in questo caso i modelli cui il committente chiese di rifarsi dovettero essere di origine romana (Forgione 2022, pp. 25-27). Raimondo aveva avuto modo di assimilare profondamente la cultura del barocco di matrice berniniana in occasione del suo lungo soggiorno di formazione presso i gesuiti al Seminario Romano (1720-1730). Al di là dell’evidenza figurativa delle opere, va ricordato che il Principe possedeva tra i volumi della sua biblioteca la Vita di Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) pubblicata da Filippo Baldinucci nel 1682; e che aveva ceduto a Francesco Maria Queirolo (1704-1762) un «libro in folio delle statue esistenti in Roma» perché lo scultore evidentemente lo adoperasse come strumento di lavoro e fonte figurativa privilegiata per la decorazione della Cappella (ivi, pp. 22-23).

La Gloria angelica di Persico può dunque essere collegata, in primo luogo, alle soluzioni che all’inizio del Seicento furono adottate a Roma per due celeberrime icone miracolose legate pur esse alla fondazione dei santuari che ancor oggi le ospitano: la Salus Populi Romani sull’altare della Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore, cui erano assai devoti i gesuiti medesimi, e la Madonna della Vallicella nella pala di Pieter Paul Rubens (1577-1640) per l’altar maggiore della Chiesa Nuova. All’inizio del settimo decennio del secolo fu specialmente Bernini a rileggere quest’iconografia in chiave barocca. Nella Cappella Chigi del Duomo di Siena, il cui patronato era stato assunto nel 1660 da papa Alessandro VII, Gian Lorenzo ideò per la prodigiosa e veneratissima tavola medievale della Madonna delle Grazie o del Voto una cornice in bronzo dorato con angeli e putti in volo, che furono poi tradotti in bronzo dorato da Giovanni Artusi sotto la supervisione di Ercole Ferrata (1610-1686; cfr. Bernardini 2021, pp. 386-392, nn. 118a-118c, in particolare pp. 387-388, n. 118a). Nello stesso periodo Bernini sperimentò una soluzione simile per l’altar maggiore della collegiata di San Tommaso da Villanova a Castel Gandolfo, dove gli splendidi angeli in stucco modellati da Antonio Raggi (1624-1686) sorreggono la Crocifissione di Pietro Berrettini da Cortona (1596-1669; cfr. Curzietti 2020, pp. 204-207, n. 22; e Bernardini 2021, pp. 395-398, n. 120). Dall’idea chigiana germinarono ancora i progetti per gli altari della Cappella Fonseca in San Lorenzo in Lucina, con gli angeli in bronzo dorato di Raggi che sostengono l’Annunciazione di Giacinto Gimignani (1606-1681; cfr. Curzietti 2020, pp. 227-229, n. 29), e della Cappella De Sylva a Sant’Isidoro a Capo le Case, dove la cornice della Madonna col Bambino dipinta da Carlo Maratti (1625-1713) è retta da due angeli che si stagliano su lastre di alabastro fiorito, le cui venature paiono richiamare la forma delle nuvole (Bernardini 2021, pp. 408-410, n. 123).

Bibliografia essenziale sull’opera

Inventario de’ beni rimasti nell’eredità del fu eccellentissimo don Raimondo di Sangro principe di Sansevero, Napoli, notaio Francesco de Maggio, 1771, copia del documento disponibile presso l’Archivio Storico del Pio Monte della Misericordia di Napoli, fondo d’Aquino di Caramanico, segnatura provvisoria A.162, c. 68v.

Picone Marina, La Cappella Sansevero, Napoli 1959, pp. 91-92.

Fittipaldi Teodoro, Scultura napoletana del Settecento, Napoli 1980, p. 221.

de Sangro Oderisio, Raimondo de Sangro e la Cappella Sansevero, Roma 1991, pp. 154-155.

Nappi Eduardo, Dai numeri la verità. Nuovi documenti sulla famiglia, i palazzi e la Cappella dei Sansevero, Napoli 2010, pp. 140-141, doc. 451.

Attanasio Sergio, In casa del Principe di Sansevero. Architettura, invenzioni, inventari, Napoli 2011, pp. 76, 131.

Napoli, la Cappella Sansevero e il Cristo velato. Naples, Sansevero Chapel and the Veiled Christ, testi di Marco Bussagli, fotografie di Carlo Vannini, Bologna 2019, pp. 210-213.

Raimondo di Sangro. Cronaca di vita e opere, a cura di Fabrizio Masucci e Leen Spruit, Napoli 2020, p. 278.

Forgione Gianluca, I simulacri delle cose. La Cappella Sansevero e il barocco romano, Torino 2022, pp. 25-27.

Bibliografia di confronto

d’Engenio Caracciolo Cesare, Napoli sacra…, Napoli, Ottavio Beltrano, 1623, pp. 262-263.

Cioffi Rosanna, La Cappella Sansevero. Arte barocca e ideologia massonica, prima edizione: Salerno 1987; edizione citata: Salerno 1994, pp. 46-48.

Curzietti Jacopo, Antonio Raggi scultore ticinese nella Roma barocca, Roma 2020, pp. 204-207, n. 22, pp. 227-229, n. 29.

Bernardini Maria Grazia, Bernini. Catalogo delle sculture, I-II, Torino 2021, II, pp. 386-392, nn. 118a-118c, pp. 395-398, n. 120, pp. 408-410, n. 123.

Forgione Gianluca, I simulacri delle cose. La Cappella Sansevero e il barocco romano, Torino 2022, pp. 22-23.

Gloria angelica, Paolo Persico