Autore della scheda: Mariano Saggiomo
Questo monumento di Giovan Francesco di Sangro, terzo principe di Sansevero, colma la prima lacuna nella sequenza di tombe seicentesche presenti in Cappella, servendo perciò al progetto dinastico-celebrativo perseguito da Raimondo, il quale, com’è noto, per «corrispondere interamente all’idea del fondatore, pensò di continuare per ordine cronologico i mausolei di tutti i signori della […] sua casa dall’anno della fondazione […] fino a’ dì presenti» (Origlia Paolino 1754, pp. 364-365). Sappiamo infatti che al tempo in cui Raimondo «stese […] ampiamente le sue idee riguardo la chiesa gentilizia» (ivi, p. 364) quest’ultima era ornata «cum quatuor ex marmore memoriis» (il riferimento, tratto da una visita pastorale del 1649, è in Saggiomo 2021-2022, p. 506), ossia i monumenti del primo, del secondo e del quarto principe di Sansevero, oltre a quello del Patriarca di Alessandria, che però non ereditò mai il titolo in quanto uomo di Chiesa.
Se la presenza in Cappella di un busto del terzo principe compiuto da Cosimo Fanzago (de Sangro 1991, pp. 194, 220) è una notizia priva di fondamento (il «busto con le mani giunte in preghiera» di «Francesco» posto «a sinistra dell’altare maggiore», segnalato da Fogaccia 1945, p. 143, è un’evidente svista per la tomba del Patriarca), diversamente è da ritenersi probabile che la mancanza di una qualche opera che celebrasse Giovan Francesco nei primi decenni di vita della Cappella si debba spiegare con le sue sfortunate vicende biografiche, le quali, peraltro, doverono essere già in antico frammentarie e confuse. In anni recenti, ciò ha indotto Raffaele Colapietra (1986, pp. 65-66) ad affermare che dopo la morte del terzo principe suo fratello Alessandro ne avesse acquisito il titolo e adottato il nome, facendosi chiamare anch’egli Giovan Francesco nei pochi mesi che gli restarono da vivere; l’ipotesi, tuttavia, già di per sé tortuosa, è di fatto insostenibile allo stato attuale delle conoscenze.
Stando all’epigrafe fatta scolpire da Raimondo presumibilmente nel 1752, Giovan Francesco combatté in Africa alla testa di un gruppo selezionato di nobili, da lui stesso finanziato, e, ammalatosi, morì il 24 maggio del 1627. In palese contraddizione con ciò – a proposito della precoce confusione sul personaggio –, una fonte del 1674 riferisce che «essendo cessate le guerre al suo tempo, egli non lasciò di mostrare il suo coraggio in tutte le occasioni che avvennero» (Arminio Monforte 1674, p. 156; per una descrizione più ampia della sua figura si vedano pp. 156-161). Più noti sono gli episodi della scomunica del nobile dovuta al mancato pagamento di alcune decime spettanti al vescovo di Sansevero e del tentativo di costui di farlo disseppellire dalla chiesa di Castelnuovo (oggi Castelnuovo della Daunia, in provincia di Foggia) in cui, come pare, era stato sepolto, al fine di gettarne le spoglie in luogo sconsacrato. Non essendosi però ritrovato il cadavere «perché trasferito in Napoli» (Chioccarello 1721, p. 103), «fu commesso da Sua Santità al cardinal Buoncompagno, arcivescovo di Napoli, che interdicesse quella chiesa ove si ritrovava», scomunicando «quelli che lo sapessero e non l’avessero subito buttato fuori dalla chiesa» (ivi, pp. 103-104). A quel punto sarebbe intervenuto il Patriarca di Alessandria facendo sì che Paolo, figlio del terzo principe, si accordasse con il vescovo corrispondendogli per un certo tempo 150 ducati all’anno (Fraccacreta 1834, p. 376). Più oltre nel tempo si deve infine collocare l’intervento del Viceré, che dimostrata l’ingiusta scomunica del Di Sangro avrebbe ordinato al pontefice «che non si procedesse all’esumazione» (Chioccarello 1721, p. 104).
Quanto al marmo, data la più sicura attribuzione al napoletano Francesco Celebrano (1729-1814) dell’altro monumento-acquasantiera (credibilmente del 1766; cfr. la scheda 17), parte della critica è stata propensa ad assegnargli anche l’opera in argomento (Picone 1959, p. 71; Fittipaldi 1974, p. 204; Rotili 1979; Fittipaldi 1980, p. 214), avanzandone la cronologia di circa un decennio rispetto alla data del 1752 indicata nell’epigrafe (Rotili 1979), la quale ultima, in verità, già secondo la Picone (1959, p. 71) era da ritenersi assai precedente all’esecuzione del monumento. A parer d’altri, l’opera andrebbe invece collegata alla «Mestizia grande al naturale» elencata dall’Origlia Paolino (1754, p. 365) tra i lavori ultimati da Antonio Corradini prima di morire, ipotesi suffragata più di recente da credibili raffronti stilistici con opere sicure dello scultore veneto (si vedano soprattutto Cioffi 1984 e Cioffi 1994, pp. 16-26; cfr. pure Cogo 1996, pp. 320-321). A Corradini il marmo è ricondotto anche dall’inventario dei beni rimasti nell’eredità di Raimondo di Sangro compilato nel 1771 (cc. 105r-106v; cfr. Attanasio 2011, p. 144), dove si legge, inoltre, che la «donna alata […] in atto di lagrimare […] tiene nella sinistra un ovatino col ritratto di bassorilievo» del Principe.
Poiché l’ovale, oggi perduto, manca nella puntuale litografia di Franz Wenzel (tav. XX), edita verosimilmente nel 1839, la sua scomparsa dev’essere precedente a quella data. Dal paragone tra la preziosa testimonianza grafica e l’opera attuale si apprende poi che questa è stata mutilata del ramo un tempo posto oltre il capo della donna, e che in origine la conchiglia con l’acqua santa era collocata più in basso a sinistra: entrambe le perdite si devono ragionevolmente al crollo ottocentesco della parete d’ingresso; e allo stesso evento devono risalire i danni dell’ala destra della figura (cfr. Colonna di Stigliano 1895, in particolare p. 34).
Bibliografia essenziale sull’opera
Origlia Paolino Giangiuseppe, Istoria dello Studio di Napoli…, II, Napoli, Giovanni di Simone, 1754, p. 365.
Inventario de’ beni rimasti nell’eredità del fu eccellentissimo don Raimondo di Sangro principe di Sansevero, Napoli, notaio Francesco de Maggio, 1771, copia del documento disponibile presso l’Archivio Storico del Pio Monte della Misericordia di Napoli, fondo d’Aquino di Caramanico, segnatura provvisoria A.162, cc. 105r-106v.
Wenzel Franz, tav. XX raffigurante il «Monumento di Giovan Francesco di Sangro» e appartenente a un gruppo di 32 litografie con le sculture della Cappella Sansevero di Napoli disegnate da autori vari e incise da Wenzel nel 1839 circa: la copia rintracciata (mancante di sei litografie) si trova presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, collocazione PALATINA Banc. 03.
Colonna di Stigliano Fabio, La cappella Sansevero e D. Raimondo di Sangro, in «Napoli nobilissima», IV, 1895, 3, pp. 33-36, in particolare p. 34.
Picone Marina, La Cappella Sansevero, Napoli 1959, p. 71.
Fittipaldi Teodoro, Giuseppe Sanmartino (III), in «Arte Cristiana», LXII, 1974, pp. 199-224, in particolare p. 204.
Rotili Mario, Celebrano, Francesco, in Dizionario Biografico degli Italiani, 23, Roma 1979, in rete: www.treccani.it/biografico.
Fittipaldi Teodoro, Scultura napoletana del Settecento, Napoli 1980, p. 214.
Cioffi Rosanna, Sulla scultura veneta del Settecento a Napoli: Antonio Corradini e la «Mestizia» della Cappella Sansevero, in Studi di Storia dell’Arte in memoria di Mario Rotili, Napoli 1984, pp. 555-565.
Colapietra Raffaele, Raimondo di Sangro e il Templum sepulcrale della Cappella Sansevero (I), in «Napoli nobilissima», s. III, XXV, 1986, pp. 62-79, in particolare p. 66.
de Sangro Oderisio, Raimondo de Sangro e la Cappella Sansevero, Roma 1991, pp. 194, 218-220, n. 25.
Cioffi Rosanna, La Cappella Sansevero. Arte barocca e ideologia massonica, prima edizione: Salerno 1987; edizione citata: Salerno 1994, pp. 16-26.
Cogo Bruno, Antonio Corradini scultore veneziano. 1688-1752, Este 1996, pp. 320-321, n. 48.
Napoli, la Cappella Sansevero e il Cristo velato. Naples, Sansevero Chapel and the Veiled Christ, testi di Marco Bussagli, fotografie di Carlo Vannini, Bologna 2019, pp. 39, 47.
Bibliografia di confronto
Arminio Monforte Fulgenzio, Il trionfo del dolore. Funerali per la illustrissima ed eccellentissima signora… donna Giovanna di Sangro dei Marchesi di San Lucido, prencipessa di San Severo, celebrati in Torremaggiore nella chiesa di Santa Maria del Carmine… l’anno 1674, Napoli, per Girolamo Fasulo, 1674, pp. 156-161.
Chioccarello Bartolomeo, Archivio della Reggia Giurisdizione del Regno di Napoli, Venezia 1721, pp. 103-104.
Origlia Paolino Giangiuseppe, Istoria dello Studio di Napoli…, II, Napoli, Giovanni di Simone, 1754, pp. 364-365.
Fraccacreta Matteo, Teatro topografico, storico-poetico della Capitanata…, IV, Napoli 1834, p. 376.
Fogaccia Piero, Cosimo Fanzago, Bergamo 1945, p. 143.
Attanasio Sergio, In casa del principe di Sansevero. Architettura, invenzioni, inventari, Napoli 2011, p. 144.
Saggiomo Mariano, Le chiese gentilizie napoletane di Età Moderna: per la ricostruzione storica di un fenomeno dimenticato, tesi di dottorato in Scienze storiche, archeologiche e storico-artistiche, Università degli Studi di Napoli Federico II, XXXIV ciclo, tutors proff. Francesco Caglioti e Bianca de Divitiis, a.a. 2021-2022, pp. 501-552.