Compianto sul Cristo morto, Francesco Celebrano

Cat. 1. Compianto sul Cristo morto

Artista Francesco Celebrano (Napoli, 1729 – ivi, 1814)
Titolo dell’opera Compianto sul Cristo morto
Tecnica rilievo
Materia marmo
Datazione 1766-1767 circa
Dimensioni 630 (a) x 300 (l) x 60 (p) cm
Collocazione Cappella Sansevero, altare maggiore

Autore della scheda: Gianluca Forgione

Com’è ricordato nella riedizione della Breve nota di quel che si vede in casa del principe di Sansevero don Raimondo di Sangro nella città di Napoli (1769, p. 9; cfr. Attanasio 2011, pp. 58-59), il Compianto rappresenta «l’opera più insigne» di Francesco Celebrano, la sola che bastò «ad eternare il suo nome» (Napoli Signorelli 1811, p. 260). Tradizionalmente identificata nella deposizione di Cristo dalla Croce, l’iconografia del rilievo raffigura piuttosto il momento successivo alla schiodatura, quando Giovanni e le pie donne compiangono il cadavere deposto. Tale precisazione consente di ricollegare più direttamente il tema dell’opera all’intitolazione della Cappella, dedicata a Santa Maria della Pietà, e alla sua precedente pala d’altare, un dipinto tardo-cinquecentesco di autore ignoto in cui Cristo è disteso sulle ginocchia della Vergine secondo il modello del Vesperbild (Forgione 2022, p. 26).

Non sono ancora emersi documenti di pagamento relativi all’ancona, che Celebrano intagliò nel momento in cui era soprintendente della Cappella e collaboratore fidatissimo di Raimondo. Nel 1766 la prima edizione della Breve nota attesta che il rilievo era in lavorazione (p. 10; cfr. Attanasio 2011, p. 59), ed è assai probabile ch’esso venisse completato entro l’anno successivo. L’inventario dei beni rimasti nell’eredità del Principe riferisce che in quel momento la pala non era ancora del tutto «allustrata» (Inventario 1771, cc. 65r-66v; cfr. Attanasio 2011, pp. 76, 130), e che a essa avrebbe dovuto essere aggiunta una cornice in lapislazzuli, che fu poi realizzata su invenzione del medesimo Sansevero (Sarnelli 1772, p. 130). Dalle carte del processo che Francesco Maria Queirolo (1704-1762) intentò contro Raimondo nel 1759 emerge che lo scultore doveva restituire al committente finanche «il modello in cera di basso rilievo dell’altare maggiore» (cfr. Chartulae desangriane 2006, p. 81). Non è da escludere ch’esso corrispondesse a uno dei «trentasei modelli originali di creta cotta» che Antonio Corradini aveva eseguito per la decorazione del tempio, e che lasciò alla sua morte nel 1752 (Origlia Paolino 1754, p. 365).

Al ruolo cruciale di Corradini nell’ideazione della decorazione plastica della Cappella e alla sua cultura di matrice nordica è stata sinora ricondotta anche la scelta, unica nel panorama della Napoli barocca, di decorare l’altare maggiore con un quadro marmoreo (Cioffi 1994, pp. 24-26). Di recente, tuttavia, essa ha trovato giustificazione specialmente alla luce delle esperienze figurative che il giovane Raimondo poté maturare nei dieci anni della sua formazione trascorsi presso i gesuiti al Seminario Romano a partire dal 1720 (Forgione 2022, pp. 22-25). A Roma Di Sangro ebbe infatti occasione di confrontarsi con le pale marmoree più significative della stagione barocca, tra le quali sono da segnalare in particolare il Compianto di Domenico Guidi (1625-1701) per l’altare maggiore della Cappella del Monte di Pietà, consegnato nel 1674, alla cui fortuna contribuì un cospicuo numero di incisioni e di derivazioni pittoriche (Giometti 2010, in particolare pp. 190-200, n. 25.S); e il San Luigi Gonzaga in gloria che alla fine del Seicento Pierre Legros il Giovane (1666-1719) intagliò per i gesuiti a Sant’Ignazio, cui Di Sangro e Celebrano paiono guardare anche per la cornice mistilinea. L’interesse del Principe per la scultura romana è del resto testimoniato in modo inequivocabile dal «libro in folio delle statue esistenti in Roma» ch’egli aveva concesso in prestito a Queirolo perché questi evidentemente lo adoperasse come strumento di lavoro e fonte figurativa privilegiata per la decorazione della Cappella (Forgione 2022, pp. 22-23).

A ben guardare, la pala di Celebrano sembra ricalcare lo schema compositivo degli spettacolari e naturalistici Calvari effimeri che ancora al tempo del giovane Raimondo venivano allestiti nelle chiese romane in occasione delle Quarantore, un’antica pratica liturgica che allude al breve periodo che Cristo trascorse nel sepolcro (ivi, pp. 11-18). Il ricorso a tale tradizione iconografica potrebbe consentire di chiarire pure il significato del sarcofago scoperchiato dall’angelo al di sotto della mensa dell’altare maggiore. L’episodio è stato sinora collegato alla Resurrezione (cfr. ad esempio Nappi 2010, p. 106, e Marco Bussagli, in Napoli, la Cappella Sansevero 2019, p. 103): nondimeno, contrariamente alla raffigurazione del Quem quaeritis, il gesto dell’angelo non indica il Cielo, né ravvisiamo il contesto narrativo necessario alla comprensione del soggetto, con le pie donne recatesi in visita e le guardie addormentate. È dunque più probabile che la scena sia da leggere in continuità di spazio e di tempo con il Compianto rappresentato al di sopra della mensa eucaristica. Pertanto, il messaggero divino starebbe aprendo la tomba per consentire la deposizione del cadavere. Tale lettura troverebbe conferma in un progetto di padre Pozzo per le Quarantore. Il foglio, appartenuto allo storico dell’arte Luigi Salerno e in séguito transitato sul mercato romano, raffigura alcuni angeli che trasportano il Cristo deposto al sepolcro, mentre altri due angeli sono impegnati, in un maestoso ciborio sopraelevato, ad aprire il sarcofago che sta per accogliere il corpo del Salvatore. Le esigenze di spettacolarizzazione del teatro sacro giustificano il fatto che l’angelo – nel disegno di Pozzo così come nella pala di Celebrano – compia un’azione che non gli è propria nell’iconografia tradizionale, dove sono invece Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo a preparare la tomba del Redentore (Forgione 2022, p. 37).

Bibliografia essenziale sull’opera

Breve nota di quel che si vede in casa del principe di Sansevero don Raimondo di Sangro nella città di Napoli, [Napoli] 1766, p. 10.

Breve nota di quel che si vede in casa del principe di Sansevero don Raimondo di Sangro nella città di Napoli, [Napoli] 1769, p. 9.

Inventario de’ beni rimasti nell’eredità del fu eccellentissimo don Raimondo di Sangro principe di Sansevero, Napoli, notaio Francesco de Maggio, 1771, copia del documento disponibile presso l’Archivio Storico del Pio Monte della Misericordia di Napoli, fondo d’Aquino di Caramanico, segnatura provvisoria A.162, cc. 65r-66v.

Sarnelli Pompeo, Nuova guida de’ forestieri…, Napoli, Saverio Rossi, 1772, p. 130.

Napoli Signorelli Pietro, Vicende della coltura nelle due Sicilie…, VII, Napoli 1811, p. 260.

Picone Marina, La Cappella Sansevero, Napoli 1959, pp. 87-90.

Catello Elio, Francesco Celebrano e l’arte nel presepe napoletano del ’700, Napoli 1969, pp. 61-62.

Fittipaldi Teodoro, Scultura napoletana del Settecento, Napoli 1980, pp. 213-214.

de Sangro Oderisio, Raimondo de Sangro e la Cappella Sansevero, Roma 1991, pp. 154-156.

Wittkower Rudolf, Arte e architettura in Italia. 1600-1750, prima edizione: Torino 1958; edizione citata: Torino 1993, p. 395.

Cioffi Rosanna, La Cappella Sansevero. Arte barocca e ideologia massonica, prima edizione: Salerno 1987; edizione citata: Salerno 1994, pp. 24-26.

Nappi Eduardo, Dai numeri la verità. Nuovi documenti sulla famiglia, i palazzi e la Cappella dei Sansevero, Napoli 2010, p. 106.

Attanasio Sergio, In casa del Principe di Sansevero. Architettura, invenzioni, inventari, Napoli 2011, pp. 45, 58-59, 76, 130-131.

Napoli, la Cappella Sansevero e il Cristo velato. Naples, Sansevero Chapel and the Veiled Christ, testi di Marco Bussagli, fotografie di Carlo Vannini, Bologna 2019, pp. 103, 114-123.

Forgione Gianluca, I simulacri delle cose. La Cappella Sansevero e il barocco romano, Torino 2022, in particolare pp. 19-37.

Bibliografia di confronto

Origlia Paolino Giangiuseppe, Istoria dello Studio di Napoli…, II, Napoli, Giovanni di Simone, 1754, p. 365.

Chartulae desangriane. Il Principe committente, catalogo della mostra a cura di Bruno Crimaldi (Napoli, Museo Cappella Sansevero, 28 marzo 2006), Napoli 2006, p. 81.

Giometti Cristiano, Domenico Guidi, 1625-1701. Uno scultore barocco di fama europea, Roma 2010, pp. 190-200, n. 25.S.

Compianto sul Cristo morto, Francesco Celebrano